LECCE (di M.Cassone) – La ferita è ancora aperta, è difficile analizzare in modo freddo la stagione 2016-17 del Lecce, iniziata sulle ali dell’entusiasmo dettato dal “tutto nuovo” e finita con le solite lacrime che da cinque anni affliggono l’ambiente giallorosso. Semplice parlare degli errori commessi, di quello che non ha funzionato, dei probabili colpevoli: nella vita non c’è nulla di più facile del puntare il dito travestendosi da dotti e sapienti.
Ovviamente sarebbe inutile non dire che è mancato qualcosa sia a livello di rosa, sia a livello di empatia con l’ex allenatore che aveva prosciugato l’entusiasmo di un ambiente sempre caldo, formato da tifosi che hanno attraversato l’Italia e macinato chilometri per continuare a cantare anche dopo l’ennesima delusione.
Al “Moccagatta” di Alessandria il Lecce ha dato tutto, aggiungendo anche qualcosa in più, ha lottato oltre la fine. Nulla da rimproverare se non il poco cinismo sotto porta, lo abbiamo scritto, detto e ridetto nelle scorse settimane: vince solo chi fa gol. È impensabile che una squadra, come quella di Rizzo, e ribadiamo di Rizzo, capace di creare anche 10 occasioni da gol, non riesca a mettere dentro nemmeno un pallone. È accaduto proprio questo.
Il mister di San Cesario, che meriterebbe la conferma e la possibilità di costruire una squadra secondo la sua visione, ha dato personalità e gioco alla compagine giallorossa, ha preso per mano dei calciatori che non rendevano più nella gestione precedente ed è riuscito a metterli nelle condizioni di far bene in pochissime settimane.
Il Lecce avrebbe meritato la semifinale, contro l’Alessandria ha disputato la gara più bella della stagione ma la sfortuna ci ha messo lo zampino; è uscito dal campo tra le lacrime ma a testa alta, perché chi lotta non perde mai.
Ora la palla passa alla società di Via Col. Costadura che dovrà fare tesoro degli errori commessi quest’anno e ripartire più forte e decisa di prima.
A questo punto bisognerebbe continuare nel progetto senza ricominciare da zero, senza smantellare nuovamente la rosa: con 5, 6 innesti mirati e di qualità, questa squadra, può veramente diventare una macchina perfetta.
Ci sarà modo per analizzare errori e correttivi. Adesso è tempo di crogiolarsi in questa strana malinconia acquisendo la consapevolezza che in più frangenti il destino è stato scritto con le proprie mani. Dagli errori si impara, si cresce, si risorge.
Infine, un messaggio forte e chiaro lo scriviamo per i signori della lega pro che hanno mortificato la meritocrazia per una formula (quella dei playoff) senza capo né coda.