LECCE (di M.Cassone) – Un pomeriggio di calcio che va raccontato per “diapositive”: slide dopo slide la gara Lecce – Melfi offre spunti importanti e fa capire ancora una volta, a chi non l’avesse compreso, che questa è la serie C.
Padalino schiera, col solito 4-3-3, Bleve; Vitofrancesco, Giosa, Drudi, Contessa; Tsonev, Arrigoni Mancosu; Pacilli, Caturano, Doumbia. Bitetto manda in campo gli ultimi arrivati Romeo e De Angelis e risponde a specchio con Gragnaniello; Romeo, De Giosa, Laezza, Bruno; Marano, Vincente, Obeng; De Vena, De Angelis, Foggia. Il Lecce è padrone del campo sin dai primi minuti e sembra di rivedere la squadra di inizio campionato quando agli avversari lasciava solo le briciole di un succulento pasto. La partita non è mai in discussione perché il Melfi si limita a difendersi tentando di colpire in contropiede. I giallorossi sono ordinati, occupano bene gli spazi, fanno movimento senza la palla e si trovano a memoria come non accadeva da tempo.
La prima immagine da conservare è quella di Doumbia che dimostra di poter essere l’uomo in più ovunque: corre, lotta, segna, si riconcilia col pubblico dopo gli screzi dell’anno scorso e si guadagna la standig ovation di tutto lo stadio. Già dopo 7 minuti, servito da Vitofrancesco, di testa impegna severamente Gragnaniello; poi si ripete allo scoccare del minuto 12 quando, servito da Mancosu, prima si allarga poi si accentra e prova la botta ma l’estremo difensore ospite è ancora determinante; poi al 23° servito da Caturano in maniera perfetta, mette a sedere il portiere, esulta e chiede scusa a tutti dimostrando la maturità giusta che il momento, tanto atteso, richiedeva.
La seconda immagine riguarda Caturano. Il bomber di Scampia al 29° segna un gol meraviglioso frutto di un’azione da manuale del calcio, e c’è ancora il tocco di Doumbia per Contessa che col contagiri la mette in mezzo per il rapace che d’esterno gonfia la rete. Sasà è presente sempre, è lui il re del reparto offensivo giallorosso, sgomita, corre, è sempre in posizione e al 56° si vede annullare un gol per una presunta carica sul portiere: Pacilli crossa in mezzo, Mancosu devia in porta, Gragnaniello è sulla traiettoria ma non trattiene, con la punta del piede Caturano la spinge dentro.
La terza immagine la riserviamo alla terna arbitrale confusa e confusionaria che offre una prova grottesca. Analizziamo solo due episodi chiave e notiamo la stessa indecisione, lo stesso capannello di uomini che protesta in maniera vibrante. Allo scadere del primo tempo, Foggia appare in posizione di fuorigioco mentre batte a rete e la bandierina alzata dell’assistente ne è la prova, l’arbitro però, prima annulla, poi si assume la responsabilità e assegna il gol. Al 56° accade tutto il contrario di tutto. Caturano con un tocco ruba la sfera a Gragnaniello e segna e cosa fa l’arbitro? Prima concede il gol, poi lo annulla, poi sembra concederlo e si consulta con il suo assistente e decide di annullare. Indipendentemente se fosse regolare oppure no, è l’atteggiamento che ci lascia perplessi: ha poco a che fare con lo scimmiottamento del professionismo che si vuol mostrare in questa categoria.
La quarta è di Mancosu: classe, impegno e sacrificio al servizio della squadra e al 93° mette il sigillo sui tre punti.
La quinta la dedichiamo al ritorno in campo di Torromino: potrebbe essere lui l’uomo in più durante il rush finale verso il traguardo.
Ed infine per chiudere c’è la slide più bella: quella dei tifosi che salutano la propria squadra al termine della gara con un coro che è il più bello degli auguri: “Vi vogliamo così”.