Corvino parla del momento del calcio italiano: settori giovanili, strutture e giovani

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Pantaleo Corvino, Direttore generale Area Tecnica US Lecce

LECCE – Il direttore dell’area tecnica dell’US Lecce, Pantaleo Corvino, intervistato da Antonio Barillà su La Stampa, ha parlato di settori giovanili e di quindi di giovani, di strutture ed ha le idee chiare sul momento che sta vivendo il calcio italiano.

CRISI TALENTI ITALIANI DENUNCIATA DAL CT MANCINI – «Il calcio è fatto di cicli. abbiamo avuto momenti migliori. Concordo, ma non mi meraviglio. Perché la spiegazione è semplice: in Italia mancano le strutture. È così da sempre, ma prima sopperiva la strada e il calcio era lo sport di tutti i bambini: oggi ci sono tante discipline e non si improvvisano più partitelle nel verde o sull’asfalto».

ALLENAMENTI E TATTICISMI ESASPERATI SONO PROBLEMI? – «Se anche fossero problemi, sarebbero secondari. Quello principale è nitido. Io posso avere il miglior pilota del mondo ma senza auto come fa a dimostrarlo? La verità è che quasi tutti i presidenti vedono il settore giovanile come un costo e non come un investimento. E la Federazione non ha mai imposto di dotarsi di impianti adeguati e destinare una percentuale del fatturato ai vivai. Superiori»

BUONI ESEMPI SETTORE GIOVANILE NON MANCANO? – «Ma appartengono quasi tutti al calcio d’elite. Facile. Guardate invece la base: la Serie D, la C, anche la provincia dei campionati più importanti. A volte, su un campo, si allenano tre squadre…»

PRIMAVERA ZEPPA DI STRANIERI? – “Tutte le società hanno l’obiettivo di formare calciatori per la prima squadra. La nazionalità non è determinante, ma poiché non posso competere economicamente con grandi club batto mercati alternativi, vado nei Paesi dell’Est e del Nord Europa. Ho scovato promesse in Islanda, Norvegia, Danimarca, Irlanda, Romania, Slovacchia, Slovenia».

GIOVANI ITALIANI MENO PROPENSI AL SACRIFICIO? – «Non è una verità assoluta. E se c’è meno fame, non è solo nel calcio. Certo, molte cose sono cambiate. Una volta il pallone era un sogno difeso con forza, si giocava addirittura di nascosto, i genitori privilegiavano lo studio e lo consideravano una distrazione: oggi sono i primi a incoraggiare, spingere, sostenere i figli».

POVERTÀ DI TALENTI MADE IN ITALY – “Su quei pochi che sbocciano, nel contesto poco fertile che ho descritto, arrivi sempre dopo i grandi club: meglio, arrivi anche prima ma devi arrenderti comunque alle offerte superiori, a una disparità finanziaria incolmabile. La Juventus ha investito quasi 3 milioni su Mancini, stellina del Vicenza, Lega Pro: io non potrei mai farlo».

APPEAL CALCIO ITALIANO – «Una volta la Serie A era la terra promessa: i giovani calciatori desideravano il nostro campionato ch’era ricco e pieno di grandi firme, consideravano come alternative serie poche altre grandi scuole. Oggi i top player sono protagonisti altrove e le scelte orientate da fattori diversi, gli ingaggi possono oscurare tradizioni e ambizioni. È capitato che il calcio russo sia stato preferito a quello italiano».

MANCINI HA FATTO ESORDIRE RETEGUI, CRISI DI ATTACCANTI? – «L’abbondanza e la qualità dei ruoli dipende dai periodi. A volte nascono più punte, a volte più difensori. Come la tattica, che può soffocarne alcuni ed esaltarne altri, può essere legata a mode del momento: quante volte, a turni, trequartisti, ali o registi sono stati accantonati e poi riscoperti? Resta il problema di fondo: si è persa quella grande palestra che era la strada e non abbiamo strutture idonee a formare calciatori».

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