Tutto in 90 minuti… Brividi al Via del Mare

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Curva Nord

LECCE (di M.Cassone) – Il tempo… quel concetto che come un calderone ammassa tutto, stipandolo, per poi riaprirsi al futuro e alla speranza, lasciando però intatti i ricordi e le paure.

“O speranze, speranze; ameni inganni della mia prima età. Sempre, parlando, ritorno a voi; che per andar di tempo, per variar d’affetti e di pensieri, obbliarvi non so…” recita Leopardi nel suo scritto “Le Ricordanze” confezionando un confronto tra passato e presente, tra sogni e disillusione. E, ahinoi, nella vita ci sono momenti in cui si scivola ai piedi di un pessimismo che se non viene subito trasformato in malinconia e successiva ripartenza diventa veramente pericoloso e il tempo ne approfitta strozzando tutto. È quello che è accaduto al Lecce. D’un tratto si ritrovò sbalzato in serie C, in quella strana estate 2012 dove bisognava individuare un mostro alato e stroncarlo; a pagare per tutti, più di tutti, fu il Lecce che si ritrovò in C per la decisione di un tribunale e non per il verdetto di quello che dovrebbe essere il giudice supremo e cioè il campo. Ed è quello che è accaduto anche quest’anno al Lecce che per un momento si è ritrovato sulle gambe, come un pugile ferito, ma si è rialzato, con sacrificio, e ha iniziato a tirare pugni contro le proprie paure.

Sei lunghi campionati di terza serie, sei lunghi anni di sofferenza sportiva in una categoria in cui tutto è di C, sei lunghi anni di delusioni e di sconfitte contro squadre che prima si affrontavano al massimo in amichevoli precampionato. Sei lunghi anni per calarsi nel giusto clima della C e per imparare a vincere in modo umile dimenticando una frase deleteria e inutile: “Nui simu lu Lecce”. Perché non esiste blasone, si perde nel fango, negli errori, nelle paure.

Sei campionati, due società: prima l’avvento dei Tesoro con tre stagioni, sette allenatori, Lerda, Toma, Gustinetti, Moriero, Lerda, Pagliari, Bollini, due finali playoff perse prima col Carpi e poi col Frosinone prima dell’arrivo della cordata dei leccesi capitanata da Sticchi Damiani, e cinque allenatori Asta, Braglia, Padalino, Rizzo, Liverani, e le delusioni della semifinale playoff persa col Foggia nel primo anno, e dell’eliminazione ai rigori nei quarti di finale ad Alessandria, e infine questo campionato che il Lecce ha iniziato con Rizzo in panchina, poi l’immediato abbandono e le vecchie paure che si sono materializzate nell’ambiente prima dell’arrivo di Liverani che ha preso la squadra per mano e dall’ottava giornata è primo in classifica, meritatamente, e ora, a 180 minuti dalla fine, rifiorisce la speranza.

Inutile girare intorno all’ostacolo e alla scaramanzia; Bisogna fermarsi e vivere questi Brividi sulla propria pelle… manca poco, manca solo una vittoria. Sono soltanto 3 i punti che separano il Lecce dalla serie B.

I calciatori ora devono rimanere concentrati, nel calcio non c’è mai nulla di scontato e l’umiltà deve essere la base per construire le più grandi conquiste, ma non possiamo non dirlo e non ricordarlo che l’avversario è abbordaBile, e questo è l’anno giusto per tornare in B.

Domenica alle 17:30 tutto quello scritto precedentemente in questo articolo, per ironia della sorte, sarà risucchiato dal tempo e compresso in 90 minuti più recupero. Tutto in 90 minuti, contro la Paganese, tutto, ma proprio tutto: delusioni, illusioni, passioni, lacrime, gioie, passato, presente e futuro. Tutto in 90 minuti, di fronte alla propria gente, nel proprio stadio. Massimo rispetto per la Paganese, è ovvio, ma non c’è tempo per la sportività esasperata. Ora è tempo di vincere… e di aBBandonarsi ai Brividi.

 

 

 

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